Gli effetti psicologici della pandemia
- Laura Marion
- 10 feb 2021
- Tempo di lettura: 5 min

È passato quasi un anno dal 21 febbraio 2020, giorno in cui venne scoperto il primo caso italiano di Coronavirus. Da allora le nostre vite sono state rivoluzionate; molti dei nostri comportamenti sono pian piano cambiati, fino addirittura a cancellare alcuni usi sociali: la mano non si stringe più, meglio evitare gli abbracci e i baci per salutarci e se per sbaglio si starnutisce o tossisce partono le occhiatacce. Questa perdita di fiducia nel prossimo ha già cambiato e cambierà ancora il modo in cui torneremo alla “normalità” quando il problema del virus sarà superato e, soprattutto, influenzerà in maniera significativa le nostre interazioni sociali.
Le organizzazioni governative e della salute, come l’Organizzazione Mondiale della Sanità o il nostro Istituto Superiore di sanità, da inizio pandemia, ci informano costantemente sull’andamento del virus e sulle misure da attuare contro il Covid-19. Sono però passate in secondo piano le conseguenze psicologiche che questo periodo di pandemia può avere avuto o sta avendo sulle persone. Infatti, fattori come l’isolamento sociale, la quarantena e il peso dell’incertezza generale, possono incidere duramente sul nostro equilibrio mentale.
Secondo un’indagine condotta in Italia dall’istituto Mario Negri pubblicata nel giugno 2020, lo stress, che la ha generato nella popolazione, è principalmente legato alla preoccupazione per la propria salute, alla percezione di non poter proteggere se stessi e i propri cari, all’isolamento sociale, e ai timori legati ai fattori economici. I risultati dell’indagine, indicano inoltre che per un italiano su due il lockdown è stato un trauma.
Ma nel dettaglio cosa ha portato tale situazione?
La ripetuta esposizione mediatica alle notizie sull’epidemia ha costituito una grande fonte di stress. Alcune persone cercano di alleviare tale stress seguendo attentamente tutte le informazioni che riguardano l’evento traumatico stesso. S’innesca così un circolo vizioso che porta ad un peggioramento del disturbo e ad una maggiore preoccupazione sul Covid-19.
Ancora, tra le conseguenze psicologiche più importanti di questa situazione pandemica di incertezza, c’è anche la perdita di fiducia nei confronti non solo delle fonti ufficiali di informazione ma anche delle persone con cui ci si relazione (colleghi, amici, parenti etc.). L’unico posto che consideriamo sicuro è casa propria. Il virus ha purtroppo insegnato a guardare ogni persona con diffidenza, come possibile portatore di infezione e ha insidiato il sospetto, il timore in modo subdolo e profondo: ha introdotto in noi l'idea che l'altro possa portare qualcosa di cattivo e dannoso, anche se involontariamente.
L’impossibilità di mantenere il proprio stile di vita e la propria libertà di movimento, poi, ha fatto sì che molte persone avessero a che fare con emozioni complesse e difficili da affrontare, tanto da scatenare, in alcuni, dei veri e propri sintomi depressivi.
Il livello e la quantità di ansia e preoccupazione dipendono fortemente da quanti fattori di stress un soggetto subisce: questi fattori possono essere oggettivi esterni oppure legati ai pensieri e alle emozioni dell’individuo. In questa situazione di continua instabilità non si hanno più punti di riferimento, portando ad un consumo di energie psichiche maggiore, che produce a sua volta degli stati d’ansia.
In questa situazione la popolazione più vulnerabile è composta da quelle persone che già prima della comparsa del virus presentavano disagio psicologico o disturbi quali disturbi del sonno, depressione, fobie, ansia generalizzata o ossessivi-compulsivi. Il periodo di isolamento, il bombardamento mediatico e le continue restrizioni alla vita normale a cui erano abituati, possono aver aggravato le loro condizioni di salute psicologica che possono ricadere su partner e familiari.
Ci sono poi delle categorie maggiormente a rischio. Primi su tutti i sanitari che stanno operando in prima linea sin dall’inizio della pandemia; essi sono inevitabilmente più esposti al disagio psicologico in quanto, oltre a garantire le necessarie cure ed assistenza, vivono costantemente nella condizione di poter essere colpiti dalla malattia. In alcuni casi tale situazione continuamente stressante può sfociare in un vero e proprio disturbo post-traumatico da stress.
Anche le persone guarite dal Covid-19, i loro contatti stretti e i loro familiari meritano un’attenzione particolare, in quanto possono essere a rischio di sviluppare una maggiore fragilità psicologica, specie se il virus ha causato la perdita di una persona cara. I pazienti con Covid-19 potrebbero inoltre sviluppare maggiormente disturbi come la depressione,
disturbi d’ansia, attacchi di panico, irritabilità, impulsività e disturbo di somatizzazione.
Altra categoria a rischio è quella dei bambini; durante il primo lockdown si sono ritrovati a dover vivere tutto il tempo delle loro giornate chiusi in casa, quando invece prima le giornate passavano tra i banchi di scuola, le attività sportive e gli incontri con gli amici. Hanno inoltre dovuto adeguarsi a nuove modalità di apprendimento, attraverso la didattica a distanza che non è spesso stata semplice: ad esempio non sempre la connessione è stata buona, le ore della didattica spesso non sono state mantenute con la stessa cadenza e ciò ha ostacolato la possibilità di adattarsi a nuove routine, e la lontananza dai compagni. La socialità e il processo di socializzazione che permettono ai bambini di imparare a collaborare, a fidarsi degli altri, a essere empatici e a sviluppare la propria personalità sono venuti a mancare.
Non possiamo poi dimenticare gli adolescenti. Per quanto le tecnologie abbiano modificato il concetto di socialità, questo bisogno è ancora evidente in loro: è forte il desiderio di vedersi, di trovarsi, di comunicare. L’emergenza Covid-19 ha in questi mesi azzerato questa possibilità e ad aver sofferto di più questa condizione di perenne distanziamento e reclusione sono i ragazzi. A differenza degli adulti, che hanno una maggiore capacità di sopportazione e una personalità definita ed autonoma, gli adolescenti hanno un estremo bisogno di contatto fisico, di aggregazione, di trovarsi in mezzo agli altri.
Tale situazione di incertezza che dura ormai da un anno viene chiamata dagli esperti Pandemic Fatigue. È la sensazione di stanchezza e sfinimento che deriva dalla prolungata situazione di emergenza e di crisi. Un sentimento di apatia che porta le persone, ormai demotivate e senza speranza, ad abbassare la guardia e a non rispettare più le misure di prevenzione.
Per quanto la situazione pandemica abbia impattato radicalmente nelle nostre vite, bisogna cercare di non abbassare il livello di attenzione e cercare di superare questo complicato periodo, salvaguardando la salute fisica ma anche psichica. Ecco alcuni consigli:
Attenersi rigorosamente alle indicazioni delle istituzioni sanitarie sulla prevenzione del Covid-19 (come ad esempio distanziamento, igiene delle mani, uso della mascherina);
Evitare di percepire le misure cautelative (come ad esempio i DPCM) come una limitazione della propria libertà ma bisogna sforzarsi di avere un atteggiamento psicologico positivo, capendo gli scopi di tali provvedimenti;
Evitare di controllare l’ansia cercando continuamente informazioni riguardo la pandemia;
La condizione di stress prolungato agisce negativamente sulla nostra salute. Accettare la situazione in cui viviamo e la condizione di ansia che ci ha travolti è il primo passo per superare questo momento. Si può provare a praticare attività che aiutano a mantenere stabili i livelli di cortisolo (il cosiddetto ormone dello stress) come lo yoga, la meditazione o il pilates. O ancora, impegnarsi in attività rilassanti, coltivare degli hobby e mantenere ritmi di sonno regolari.
Non avere paura di chiedere aiuto ad un professionista quando se ne sente il bisogno. Più a lungo ignoriamo i sintomi del malessere, maggiori sono le possibilità che la situazione di crisi diventi cronica. Lo psicoterapeuta può venire incontro alle paure iniziali della persona proponendo sedute online (che di solito si effettuano via Skype o Whatsapp);
Per quanto riguarda bambini e adolescenti hanno bisogno di informazioni oneste sui cambiamenti all’interno della loro famiglia e corrette informazioni su Covid-19. Gli adulti sono i primi a preoccuparsi di come si sentono i bambini, ma a volte sono i primi a non dare l’esempio condividendo alcuni dei loro sentimenti e parlando di emozioni; l’assenza di conversazioni incentrate sulle emozioni può lasciare i bambini in ansia per lo stato emotivo degli adulti che li circondano. Questa ansia può inavvertitamente far sì che i bambini evitino di condividere le proprie preoccupazioni nel tentativo di proteggere gli altri, lasciandoli soli ad affrontare questi sentimenti difficili. Comunicare con i bambini su come si sentono e come stanno elaborando le informazioni che ricevono fornirà loro gli strumenti emotivi necessari per affrontare al meglio questo periodo.
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